Carmen a Palermo, recensione di Enrico Girardi

PALERMO

La «Carmen» rivive in una terra severa e inospitale

T erra di confine, soldati, prostitute, zingari che vivono in vecchie Mercedes anni Settanta e contrabbandano ogni cosa, sigarette, droga, donne, bambine, tecnologia. Sospeso nel tempo e nello spazio, il luogo in cui prende vita l’ azione di Carmen , nella superba messinscena di Calixto Bieito, è troppo duro e inospitale per non segnare volti, parole e gesti di chi lo abita. Nessuno sembra poter dire di sentirsi al proprio posto. Nemmeno Carmen, che sì, rivendica il bello di una vita libera e selvaggia sotto le stelle, salvo poi attaccarsi appena può all’ unica speranza di un’ altra vita, una cabina del telefono, unico mesto contatto con il mondo. Né è concepibile, qui, che Micaëla sia raffigurata come la solita santerellina acqua e sapone uscita da una sacrestia. È invece una donna forte, bella, consapevole di sé, che sa tener testa alla soldataglia allupata e tirar fuori le unghie con l’ agguerrita rivale. Prodotto dai teatri di Barcellona (dove ha debuttato), Palermo (dove è in scena fino al 25), Torino e Venezia (vi andrà prossimamente), questa Carmen fa riflettere. Vive di idee che convincono poco o tanto, realizzate in ogni caso con una tecnica teatrale formidabile, implacabile, rigorosa: una lezione di teatro che trascende ogni stanco dibattito sulle regie d’ opera. Una prova importante la produce inoltre Renato Palumbo, che detta tempi vivacissimi e sonorità taglienti senza però smarrire la bussola del lirico, del malinconico, del comico e del tragico. La varietà di toni di questo miracolo di partitura la conosce e la domina, forte di un talento drammatico che si impone. Ha fatto un passo falso quando è diventato direttore musicale alla Deutsche Oper berlinese ma è direttore d’ orchestra solidissimo sul fronte operistico. Non è «glamour» come i giovanissimi emergenti che oggi vanno di moda ma garantisce ciò che questi ultimi forse un giorno. Del cast infine si può dire solo bene, perché molto dello spettacolo di Bieito passa attraverso il loro modo di stare in scena e recitare. E lo fanno benissimo. Certo, Marcello Giordani è un tenore usurato. Spara acuti potenti ma si dimentica spesso di ciò che li precede. Bene Elena Maximova, Carmen nordica ma di bel temperamento, come la Micaëla di Alexia Voulgaridou. Una sorpresa viene poi dalla vocalità esuberante ma anche ordinata di Samuel Youn, l’ Escamillo di turno. Molti applausi a tutti. 

Enrico Girardi

Pagina 45
(20 novembre 2011) – Corriere della Sera

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