La Stampa, janaury 18 2008

Renato Palumbo “Lasciatevi entusiasmare da Rigoletto”

ALBERTO MATTIOLI

TORINO

«Mi sbilancio?» Siamo qui per questo… «Bene, allora: Rigoletto è l’opera più entusiasmante di Verdi. Perché c’è tutto: il dramma psicologico ma anche l’azione, la tragedia e il comico, il pianto e il riso. E quella categoria che, fra i grandi creatori, è propria soltanto di Verdi e di Shakespeare: il grottesco. Del resto, basta ascoltare il Preludio, un brano genialissimo, solo tonale e ritmico, senza melodia: se qualcuno nega che Rigoletto sia un capolavoro, i casi sono due. O è in malafede…» Oppure? «Oppure è sordo».

Parola di Renato Palumbo, da stasera al Regio come nome di maggior spicco di questo sempreVerdi nell’allestimento sempreverde, fra l’onirico e l’erotico, di Giancarlo Cobelli. Nelle parti principali cantano Roberto Frontali, Inva Mula e Roberto Saccà, poi 13-repliche-13, moltissime, grazie anche al solito provvido sponsor, la Fondazione Crt. Palumbo è uno di quei maestri che l’opera italiana la dirigerebbero anche capovolti: veneto, 44 anni, è sul podio da quando ne aveva 18 («Un Trovatore a Sciacca, figuriamoci») e fino al 2012 la sua agenda è zeppa di impegni, con tre teatri d’elezione: Chicago, Parigi e Barcellona. Ma anche l’Italia in generale («Tannhäuser a Bologna, ancora Rigoletto a Firenze, una nuova Aida quest’estate all’Arena e molto interesse loro e disponibilità mia verso il risorgente Petruzzelli di Bari») e Torino in particolare: «Al Regio ho trovato serietà, disponibilità e cortesia. Del resto, ogni teatro è lo specchio della città che lo ospita». Morale: nel 2009 tornerà per Adriana Lecouvreur.

Un po’ meno disponibili sono stati i berlinesi. Palumbo è rimasto invischiato in una dura polemica quando è diventato GMD (Generalmusikdirektor) della Deutsche Oper di Berlino, dalla quale si è dimesso dopo che il suo Freischütz era stato massacrato dalla critica (a torto: chi scrive l’ha ascoltato). «Diciamo che a Berlino mi hanno incastrato in una doppia faida: una esterna, fra i due più importanti teatri d’opera cittadini, e una interna al mio, fra sostenitori e avversari dell’intendente. Però le dimissioni non me le hanno chieste, le ho date io. Perché quel che mi interessa è la musica, non il potere». Ma allora è vero che i tedeschi, musicalmente parlando, sono xenofobi? «Di certo non amano che qualcuno tocchi il loro repertorio. Ma io, se sono GMD a Berlino non solo devo, ma voglio dirigere anche Weber e Wagner. Anzi, mi ero perfino preso delle lunghe pause per studiare. Comunque, complotto o no, adesso sono libero e torno alla Deutsche come ospite di lusso. Per l’ultima Traviata con la Netrebko, anche applauditissimo».

Resta solo lo spazio per il gioco delle classifiche. Il miglior cantante del mondo? «Ancora Domingo». Il miglior direttore? «Almeno due, via: Abbado e Muti». Il miglior Wagner chi lo dirige? «Thielemann». E il miglior Verdi? «Levine, in Italia sempre sottovalutato». Infine, un avviso agli ascoltanti: gli acuti «di tradizione» del Rigoletto ce li lascerà sentire? «Sì. Ma, tradizione o no, niente tagli».

Renato Palumbo “Lasciatevi entusiasmare da Rigoletto”

ALBERTO MATTIOLI

TORINO

«Mi sbilancio?» Siamo qui per questo… «Bene, allora: Rigoletto è l’opera più entusiasmante di Verdi. Perché c’è tutto: il dramma psicologico ma anche l’azione, la tragedia e il comico, il pianto e il riso. E quella categoria che, fra i grandi creatori, è propria soltanto di Verdi e di Shakespeare: il grottesco. Del resto, basta ascoltare il Preludio, un brano genialissimo, solo tonale e ritmico, senza melodia: se qualcuno nega che Rigoletto sia un capolavoro, i casi sono due. O è in malafede…» Oppure? «Oppure è sordo».

Parola di Renato Palumbo, da stasera al Regio come nome di maggior spicco di questo sempreVerdi nell’allestimento sempreverde, fra l’onirico e l’erotico, di Giancarlo Cobelli. Nelle parti principali cantano Roberto Frontali, Inva Mula e Roberto Saccà, poi 13-repliche-13, moltissime, grazie anche al solito provvido sponsor, la Fondazione Crt. Palumbo è uno di quei maestri che l’opera italiana la dirigerebbero anche capovolti: veneto, 44 anni, è sul podio da quando ne aveva 18 («Un Trovatore a Sciacca, figuriamoci») e fino al 2012 la sua agenda è zeppa di impegni, con tre teatri d’elezione: Chicago, Parigi e Barcellona. Ma anche l’Italia in generale («Tannhäuser a Bologna, ancora Rigoletto a Firenze, una nuova Aida quest’estate all’Arena e molto interesse loro e disponibilità mia verso il risorgente Petruzzelli di Bari») e Torino in particolare: «Al Regio ho trovato serietà, disponibilità e cortesia. Del resto, ogni teatro è lo specchio della città che lo ospita». Morale: nel 2009 tornerà per Adriana Lecouvreur.

Un po’ meno disponibili sono stati i berlinesi. Palumbo è rimasto invischiato in una dura polemica quando è diventato GMD (Generalmusikdirektor) della Deutsche Oper di Berlino, dalla quale si è dimesso dopo che il suo Freischütz era stato massacrato dalla critica (a torto: chi scrive l’ha ascoltato). «Diciamo che a Berlino mi hanno incastrato in una doppia faida: una esterna, fra i due più importanti teatri d’opera cittadini, e una interna al mio, fra sostenitori e avversari dell’intendente. Però le dimissioni non me le hanno chieste, le ho date io. Perché quel che mi interessa è la musica, non il potere». Ma allora è vero che i tedeschi, musicalmente parlando, sono xenofobi? «Di certo non amano che qualcuno tocchi il loro repertorio. Ma io, se sono GMD a Berlino non solo devo, ma voglio dirigere anche Weber e Wagner. Anzi, mi ero perfino preso delle lunghe pause per studiare. Comunque, complotto o no, adesso sono libero e torno alla Deutsche come ospite di lusso. Per l’ultima Traviata con la Netrebko, anche applauditissimo».

Resta solo lo spazio per il gioco delle classifiche. Il miglior cantante del mondo? «Ancora Domingo». Il miglior direttore? «Almeno due, via: Abbado e Muti». Il miglior Wagner chi lo dirige? «Thielemann». E il miglior Verdi? «Levine, in Italia sempre sottovalutato». Infine, un avviso agli ascoltanti: gli acuti «di tradizione» del Rigoletto ce li lascerà sentire? «Sì. Ma, tradizione o no, niente tagli».

Renato Palumbo “Lasciatevi entusiasmare da Rigoletto”

ALBERTO MATTIOLI

TORINO

«Mi sbilancio?» Siamo qui per questo… «Bene, allora: Rigoletto è l’opera più entusiasmante di Verdi. Perché c’è tutto: il dramma psicologico ma anche l’azione, la tragedia e il comico, il pianto e il riso. E quella categoria che, fra i grandi creatori, è propria soltanto di Verdi e di Shakespeare: il grottesco. Del resto, basta ascoltare il Preludio, un brano genialissimo, solo tonale e ritmico, senza melodia: se qualcuno nega che Rigoletto sia un capolavoro, i casi sono due. O è in malafede…» Oppure? «Oppure è sordo».

Parola di Renato Palumbo, da stasera al Regio come nome di maggior spicco di questo sempreVerdi nell’allestimento sempreverde, fra l’onirico e l’erotico, di Giancarlo Cobelli. Nelle parti principali cantano Roberto Frontali, Inva Mula e Roberto Saccà, poi 13-repliche-13, moltissime, grazie anche al solito provvido sponsor, la Fondazione Crt. Palumbo è uno di quei maestri che l’opera italiana la dirigerebbero anche capovolti: veneto, 44 anni, è sul podio da quando ne aveva 18 («Un Trovatore a Sciacca, figuriamoci») e fino al 2012 la sua agenda è zeppa di impegni, con tre teatri d’elezione: Chicago, Parigi e Barcellona. Ma anche l’Italia in generale («Tannhäuser a Bologna, ancora Rigoletto a Firenze, una nuova Aida quest’estate all’Arena e molto interesse loro e disponibilità mia verso il risorgente Petruzzelli di Bari») e Torino in particolare: «Al Regio ho trovato serietà, disponibilità e cortesia. Del resto, ogni teatro è lo specchio della città che lo ospita». Morale: nel 2009 tornerà per Adriana Lecouvreur.

Un po’ meno disponibili sono stati i berlinesi. Palumbo è rimasto invischiato in una dura polemica quando è diventato GMD (Generalmusikdirektor) della Deutsche Oper di Berlino, dalla quale si è dimesso dopo che il suo Freischütz era stato massacrato dalla critica (a torto: chi scrive l’ha ascoltato). «Diciamo che a Berlino mi hanno incastrato in una doppia faida: una esterna, fra i due più importanti teatri d’opera cittadini, e una interna al mio, fra sostenitori e avversari dell’intendente. Però le dimissioni non me le hanno chieste, le ho date io. Perché quel che mi interessa è la musica, non il potere». Ma allora è vero che i tedeschi, musicalmente parlando, sono xenofobi? «Di certo non amano che qualcuno tocchi il loro repertorio. Ma io, se sono GMD a Berlino non solo devo, ma voglio dirigere anche Weber e Wagner. Anzi, mi ero perfino preso delle lunghe pause per studiare. Comunque, complotto o no, adesso sono libero e torno alla Deutsche come ospite di lusso. Per l’ultima Traviata con la Netrebko, anche applauditissimo».

Resta solo lo spazio per il gioco delle classifiche. Il miglior cantante del mondo? «Ancora Domingo». Il miglior direttore? «Almeno due, via: Abbado e Muti». Il miglior Wagner chi lo dirige? «Thielemann». E il miglior Verdi? «Levine, in Italia sempre sottovalutato». Infine, un avviso agli ascoltanti: gli acuti «di tradizione» del Rigoletto ce li lascerà sentire? «Sì. Ma, tradizione o no, niente tagli».

Renato Palumbo “Lasciatevi entusiasmare da Rigoletto”

ALBERTO MATTIOLI

TORINO

«Mi sbilancio?» Siamo qui per questo… «Bene, allora: Rigoletto è l’opera più entusiasmante di Verdi. Perché c’è tutto: il dramma psicologico ma anche l’azione, la tragedia e il comico, il pianto e il riso. E quella categoria che, fra i grandi creatori, è propria soltanto di Verdi e di Shakespeare: il grottesco. Del resto, basta ascoltare il Preludio, un brano genialissimo, solo tonale e ritmico, senza melodia: se qualcuno nega che Rigoletto sia un capolavoro, i casi sono due. O è in malafede…» Oppure? «Oppure è sordo».

Parola di Renato Palumbo, da stasera al Regio come nome di maggior spicco di questo sempreVerdi nell’allestimento sempreverde, fra l’onirico e l’erotico, di Giancarlo Cobelli. Nelle parti principali cantano Roberto Frontali, Inva Mula e Roberto Saccà, poi 13-repliche-13, moltissime, grazie anche al solito provvido sponsor, la Fondazione Crt. Palumbo è uno di quei maestri che l’opera italiana la dirigerebbero anche capovolti: veneto, 44 anni, è sul podio da quando ne aveva 18 («Un Trovatore a Sciacca, figuriamoci») e fino al 2012 la sua agenda è zeppa di impegni, con tre teatri d’elezione: Chicago, Parigi e Barcellona. Ma anche l’Italia in generale («Tannhäuser a Bologna, ancora Rigoletto a Firenze, una nuova Aida quest’estate all’Arena e molto interesse loro e disponibilità mia verso il risorgente Petruzzelli di Bari») e Torino in particolare: «Al Regio ho trovato serietà, disponibilità e cortesia. Del resto, ogni teatro è lo specchio della città che lo ospita». Morale: nel 2009 tornerà per Adriana Lecouvreur.

Un po’ meno disponibili sono stati i berlinesi. Palumbo è rimasto invischiato in una dura polemica quando è diventato GMD (Generalmusikdirektor) della Deutsche Oper di Berlino, dalla quale si è dimesso dopo che il suo Freischütz era stato massacrato dalla critica (a torto: chi scrive l’ha ascoltato). «Diciamo che a Berlino mi hanno incastrato in una doppia faida: una esterna, fra i due più importanti teatri d’opera cittadini, e una interna al mio, fra sostenitori e avversari dell’intendente. Però le dimissioni non me le hanno chieste, le ho date io. Perché quel che mi interessa è la musica, non il potere». Ma allora è vero che i tedeschi, musicalmente parlando, sono xenofobi? «Di certo non amano che qualcuno tocchi il loro repertorio. Ma io, se sono GMD a Berlino non solo devo, ma voglio dirigere anche Weber e Wagner. Anzi, mi ero perfino preso delle lunghe pause per studiare. Comunque, complotto o no, adesso sono libero e torno alla Deutsche come ospite di lusso. Per l’ultima Traviata con la Netrebko, anche applauditissimo».

Resta solo lo spazio per il gioco delle classifiche. Il miglior cantante del mondo? «Ancora Domingo». Il miglior direttore? «Almeno due, via: Abbado e Muti». Il miglior Wagner chi lo dirige? «Thielemann». E il miglior Verdi? «Levine, in Italia sempre sottovalutato». Infine, un avviso agli ascoltanti: gli acuti «di tradizione» del Rigoletto ce li lascerà sentire? «Sì. Ma, tradizione o no, niente tagli».

Renato Palumbo “Lasciatevi entusiasmare da Rigoletto”

ALBERTO MATTIOLI

TORINO

«Mi sbilancio?» Siamo qui per questo… «Bene, allora: Rigoletto è l’opera più entusiasmante di Verdi. Perché c’è tutto: il dramma psicologico ma anche l’azione, la tragedia e il comico, il pianto e il riso. E quella categoria che, fra i grandi creatori, è propria soltanto di Verdi e di Shakespeare: il grottesco. Del resto, basta ascoltare il Preludio, un brano genialissimo, solo tonale e ritmico, senza melodia: se qualcuno nega che Rigoletto sia un capolavoro, i casi sono due. O è in malafede…» Oppure? «Oppure è sordo».

Parola di Renato Palumbo, da stasera al Regio come nome di maggior spicco di questo sempreVerdi nell’allestimento sempreverde, fra l’onirico e l’erotico, di Giancarlo Cobelli. Nelle parti principali cantano Roberto Frontali, Inva Mula e Roberto Saccà, poi 13-repliche-13, moltissime, grazie anche al solito provvido sponsor, la Fondazione Crt. Palumbo è uno di quei maestri che l’opera italiana la dirigerebbero anche capovolti: veneto, 44 anni, è sul podio da quando ne aveva 18 («Un Trovatore a Sciacca, figuriamoci») e fino al 2012 la sua agenda è zeppa di impegni, con tre teatri d’elezione: Chicago, Parigi e Barcellona. Ma anche l’Italia in generale («Tannhäuser a Bologna, ancora Rigoletto a Firenze, una nuova Aida quest’estate all’Arena e molto interesse loro e disponibilità mia verso il risorgente Petruzzelli di Bari») e Torino in particolare: «Al Regio ho trovato serietà, disponibilità e cortesia. Del resto, ogni teatro è lo specchio della città che lo ospita». Morale: nel 2009 tornerà per Adriana Lecouvreur.

Un po’ meno disponibili sono stati i berlinesi. Palumbo è rimasto invischiato in una dura polemica quando è diventato GMD (Generalmusikdirektor) della Deutsche Oper di Berlino, dalla quale si è dimesso dopo che il suo Freischütz era stato massacrato dalla critica (a torto: chi scrive l’ha ascoltato). «Diciamo che a Berlino mi hanno incastrato in una doppia faida: una esterna, fra i due più importanti teatri d’opera cittadini, e una interna al mio, fra sostenitori e avversari dell’intendente. Però le dimissioni non me le hanno chieste, le ho date io. Perché quel che mi interessa è la musica, non il potere». Ma allora è vero che i tedeschi, musicalmente parlando, sono xenofobi? «Di certo non amano che qualcuno tocchi il loro repertorio. Ma io, se sono GMD a Berlino non solo devo, ma voglio dirigere anche Weber e Wagner. Anzi, mi ero perfino preso delle lunghe pause per studiare. Comunque, complotto o no, adesso sono libero e torno alla Deutsche come ospite di lusso. Per l’ultima Traviata con la Netrebko, anche applauditissimo».

Resta solo lo spazio per il gioco delle classifiche. Il miglior cantante del mondo? «Ancora Domingo». Il miglior direttore? «Almeno due, via: Abbado e Muti». Il miglior Wagner chi lo dirige? «Thielemann». E il miglior Verdi? «Levine, in Italia sempre sottovalutato». Infine, un avviso agli ascoltanti: gli acuti «di tradizione» del Rigoletto ce li lascerà sentire? «Sì. Ma, tradizione o no, niente tagli».

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